Lavorare in gruppo, le relazioni interpersonali, gestire il gruppo di lavoro
Un corso sul lavoro di gruppo! Anzi, due corsi: nello stesso giorno e nella stessa aula si sono susseguiti due incontri su questo argomento, vuol dire che è di moda!
Complimenti, complimenti per aver partecipato e aver dedicato del tempo per riflettere sulla gestione dei rapporti all’interno del vostro luogo di lavoro, e questo vale sia per chi si è presentato in qualità di responsabile, chi di collaboratore, chi di entrambe le posizioni.
“Sì, ma quanto si guadagna ad investire tempo e denaro sulle relazioni interpersonali?” “Come le rivendo una volta migliorate?” “E forse, non è il caso di lasciare tutto cosi com’è, che comunque funziona da anni?” “Sì, ma mi aspettavo un corso sul gruppo, ossia come si deve fare per crearlo, con una guida passo/passo”. Queste, ed altre, sono le domande a cui si è tentato di dare risposta durante l’incontro, valorizzando lo spirito della serata appositamente denominata “culturale”, ossia di diffusione di conoscenza volta allo sviluppo di capacità e al miglioramento delle competenze. Fare un corso sul gruppo senza il gruppo è molto sfidante, nel senso che mai come in questa tematica è fondamentale partire dall’individuo, dalla persona, dalle sue motivazioni, dai suoi obiettivi e dalle sue emozioni. La serata ha quindi voluto dare spunti di riflessione e fornire alcuni esempi pratici/simulazioni di team building, cercando di illustrare quali possano essere le azioni per passare dal concetto di gruppo a quello di squadra, partendo dal presupposto che ogni gruppo di lavoro ha le proprie particolarità, simboli, riti, valori e che quindi sia opportuno riflettere volta per volta sulle azioni da intraprendere.
Quindi, perché farlo (il lavoro sul gruppo)? Per vari motivi: primo, forse nelle altre aziende lo stanno già facendo e questo porterà dei vantaggi competitivi, generando miglior clima, migliori rapporti, miglior comunicazione, maggiore soddisfazione del cliente, maggior fidelizzazione, maggior passaparola, recensioni positive on line e in definitiva anche maggiori vendite e guadagno!; secondo, la normativa sullo stress-lavoro correlato, che è in continua evoluzione, da una parte potrebbe presto diventare un obbligo, dall’altra è un asset intangibile (ed è comunque meglio farsi trovare preparati alle normative); terzo, la soddisfazione personale di lavorare (o di offrire un posto di lavoro) in un ambiente gradevole, stimolante, che valorizzi le nostre aspettative e nel quale sentiamo di poter contribuire allo sviluppo del benessere aziendale, nostro e dei colleghi. Ancora, molti altri motivi, tra i quali la possibilità di iniziare il percorso verso la creazione della Responsabilità Sociale d’Impresa.
Da dove partire.
Ogni persona differisce da un’altra sia nelle apparenze esterne che nelle sue caratteristiche più nascoste, nel modo di capire il mondo E se stessi, nelle cose che fa ed in quelle a cui dà importanza. CHI ha ragione? Tutti, naturalmente. Oppure nessuno, oppure solo alcuni, ma rispetto a cosa? Quale è il parametro? Di cosa stiamo parlando? La risposta a tutte queste domande, così come presentata durante il seminario – e come dice sempre Andrea di Lenna, titolare di Performando – è questa: “dipende”. Stiamo infatti parlando di sistemi valoriali da condividere in norme di comportamento del gruppo, una delle sfide più complesse, e per questo potenzialmente tra le più redditizie, dell’organizzazione aziendale. Il termine valore deriva dal tardo latino valor=forza, ma due forze contrastanti si annullano, e pertanto risulta necessario identificare quelle che vanno nella stessa direzione, altrimenti si rimane fermi. E come faccio ad identificarle? Potrei sentire le opinioni di tutti e poi scegliere la maggioranza, con un tradizionale metodo democratico, ma non è detto che sia la scelta migliore per la sopravvivenza dell’azienda. Quindi quale è il metodo migliore? Quello che ho definito “gruppocratico”, ossia che tiene conto delle opinioni di tutti e sceglie la soluzione migliore per poter continuare a generare profitto, che potrebbe essere la scelta di pochi o addirittura di uno solo, il cosiddetto leader visionario.
E’ a questo punto che si può iniziare a parlare di cultura d’impresa, di cultura di gruppo, di passaggio al concetto di squadra, di leader e di follower per generare visione e missione aziendali.
A proposito di visione e missione, una volta create vanno allenate, riprese più volte, non devono rimanere nella bacheca aziendale o sulla home page del sito.
Già negli anni ’90 E. H. Schein proponeva questa riflessione (il termine gruppo o squadra in questo caso sono sostituibili):
“L’essenza stessa del gruppo o identità del gruppo – gli schemi comuni di pensiero, le convinzioni, le sensazioni ed i valori risultanti da un’esperienza comune e da un comune apprendimento – è ciò che noi, in ultima analisi, chiamiamo “cultura” di quel determinato gruppo. Senza un gruppo non ci può essere nessuna cultura, e senza un certo livello di cultura non si può parlare effettivamente di gruppo, ma solo di un insieme di persone. Di conseguenza, la nascita di un gruppo e la formazione della cultura possono solo essere considerate due facce della stessa medaglia, ed entrambe sono un prodotto dell’attività di leadership.”
Uhm, siamo nel 2013…valgono ancora queste considerazioni? Più che mai ora, specialmente perché il mondo del lavoro è in continuo mutamento e le persone hanno molta più possibilità di allora di conoscere, informarsi ed informare.
Di nuovo uhm, con tutti i pensieri che ho per la fase economica in atto, la pressione fiscale, l’incertezza, la ricerca e sviluppo, l’innovazione, l’innovazione! (lo ripeto due volte perché se ne parla ogni giorno) devo anche dedicarmi a questo lavoro? Non devo, posso. Ma se lo inizio devo pensarlo come un percorso, un allenamento con un obiettivo di lungo periodo. Stiamo parlando di persone, di emozioni, di sensibilità, di autostima, autorealizzazione, etica, motivazioni, per alcuni addirittura fede. Quindi ogni intervento formativo e consulenziale deve essere valutato, ponderato, se possibile gestito da specialisti, meglio ancora se esterni, presenti nella fase iniziale e successivamente come supporto con attività di coaching, mentoring e tutoring. Tradotto: a frasi tipo “dai facciamo un corso sul team building di una giornata, all’aperto, magari di sabato che non si lavora, così ci divertiamo e da lunedì tutto andrà meglio” la considerazione da fare è sempre la stessa, “dipende” , da caso a caso. Potrebbe anche andare bene, se il clima è già positivo, come potrebbe solamente evidenziare o far emergere situazioni latenti e sopite da tempo che, se non gestite in maniera opportuna, potrebbero addirittura peggiorare. Alle domande “quanto dura un corso sulla squadra?”, “quanto ci vuole per cambiare in meglio?” la risposta è ancora quella.
Per ottenere tutto questo, come ulteriore indicazione, è fondamentale il “commitment” (qualcosa di più dell’impegno) da parte del titolare, capo, proprietario, allenatore, responsabile della squadra che ha percepito la necessità di lavorare su questi aspetti. Non è detto che debba partecipare a tutti gli incontri, di certo deve informarsi, ascoltare e informare, valutare i cambiamenti ed essere il primo a metterli in pratica, sia a livello comportamentale che strutturale. Si può generare un miglior clima operando sulla ergonomia del luogo di lavoro, sull’accoglienza dei bagni, sulla grandezza dei monitor, come lavorando sulla capacità/volontà di essere un leader autorevole.
Certo è che, una volta iniziato un percorso di formazione e consulenza strutturato, i risultati arrivano e generano un volano di dinamiche concrete facilmente tangibili e traducibili in sostanziali miglioramenti, sia di clima che di fatturato e che, come proponiamo nel nostro motto aziendale, contribuiscono a creare onde positive!
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